Biglietti da visita: progettarli in modo corretto e originale

Storia del biglietto da visita

Dagli antichi cerimoniali cinesi si apprende che ogni persona che si recava a visitare un mandarino si annunciava con una striscia di carta, sulla quale erano riportati il suo nome e gli eventuali attributi e titoli che si competevano. Pericle faceva precedere le sue visite alla bella Aspasia da un dono, al quale univa una striscia di papiro sulla quale era vergato solo il suo nome.

Il biglietto da visita viene inventato in Francia attorno al 1700.

In Italia iniziarono a diffondersi attorno al 1730. Originariamente erano dei cartoncini manoscritti, verso il 1750 cominciarono a diffondersi modelli stampati, i primi esemplari col solo nome della persona, i successivi con anche motivi decorativi e stemmi.

(Wikipedia)

In occidente lo scambio dei biglietti da visita ha un valore prettamente informativo e pubblicitario usato al fine di migliorare la propria rintracciabilità. Mettete da parte questa concezione perchè, come ovviamente avrete già capito, in Giappone non è così.

Lo scambio del biglietto da visita è una regola di Bon-Ton, un cerimoniale, un rituale importantissimo dell’etichetta giapponese sia in ambito lavorativo che privato. Ovviamente come sempre, tutto deve avvenire secondo determinati passaggi non casuali: il biglietto deve essere assolutamente e accuratamente letto davanti alla persona che ce lo ha consegnato, mostrando interesse nel caso sia stato consegnato in ambito lavorativo. Nel caso in cui non rispettaste queste regole, questi gesti sarebbero interpretati come una mancanza di rispetto verso il vostro interlocutore, ergo siete fregati.

Quindi se avete modo di andare in Giappone o per vacanza o per lavoro, portate i vostri biglietti da visita e mostrate interesse quando ve lo consegnano, come avrete letto in questi spazi, i giapponesi sono molto formali e se applicate la loro etichetta sicuramente la vostra considerazione di Gaijin (straniero) salirà di molto.

I biglietti da visita oggi

L’attuale biglietto da visita è un elemento fondamentale dell’immagine coordinata che deve rispecchiare e seguire. Deve contenere il marchio, il nome e la mansione della persona oltre a una serie più o meno completa di dati anagrafici fra cui indirizzo e recapito telefonico, fax e l’indirizzo e-mail.

Il biglietto è la prima forma di comunicazione visiva che l’azienda manda all’esterno e molto spesso è lo specchio dell’azienda stessa.
La maggior parte dei clienti ha delle fisse classiche: il fronte/retro non va bene perchè nei porta biglietti si vede solo un lato, la forma troppo piccola non da importanza (qui Freud avrebbe da discutere), il biglietto deve essere “istituzionale” perchè altrimenti la persona pensa che io non lo sia, il biglietto deve costare all’incirca 20 centesimi ecc…

Io non sono assolutamente d’accordo con quasi nessuna di queste affermazioni, ma se volete accontentare un cliente al primo approccio vi conviene seguirle tutte.

Io preferisco i graphic designer che affrontano la burrasca dell’incertezza, le onde del mare della creatività e sbarcano in soluzioni originali.

Naturalmente.

E’ chiaro, che in questi anni in cui la crisi ha avvolto la creatività e l’ha strozzata fino a farne uscire solo poche gocce, bravo è chi riesce a far passare un preventivo di stampa che superi i 50 centisimi cadauno. Imperativo per quanto mi riguarda lo spessore…Niente che possa avvicinare un biglietto al cestino di un pallido foglietto da 200 grammi. Viva senz’altro l’uso sapiente delle carte miscelate magari ai pantoni giusti o alle serigrafie. Il formato è piuttosto vario, va dalla misura classica “carta di credito” 8,5×5,5 cm al formato quadrato, molto usato da noi e molto amato dai nostri clienti.

Allego una galleria a dir poco spettacolare di business card che ho trovato qua e là nella rete. Attendo i vostri commenti…

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